“Tutti i diritti sono universali, indivisibili, interdipendenti e correlati.”
Dichiarazione di Vienna, 1993

Parole parole parole…

I nostri leader politici hanno preso molti impegni riguardanti i diritti umani in nostro favore! Se ogni impegno sottoscritto diventasse realtà, le nostre vite sarebbero pacifiche, sicure, salubri e comode; i nostri sistemi legali sarebbero giusti ed offrirebbero a ognuno la stessa protezione; e i nostri processi politici sarebbero trasparenti e democratici e servirebbero gli interessi del popolo.
Quindi, cosa c’è di sbagliato? Una delle piccole cose che non vanno nel modo giusto è che i politici sono come noi e spesso prendono scorciatoie se hanno la possibilità di farla franca! Così abbiamo bisogno di sapere esattamente quali promesse sono state fatte a nostro nome e dobbiamo assicurarci che ogni promessa venga mantenuta.

Domanda: Rispetti sempre i tuoi impegni? Anche se nessuno te lo ricorda?

Quali sono i nostri diritti?

Essere imprigionati non è il problema. Il problema è evitare di arrendersi.
Nazim Hikmet

Sappiamo che abbiamo il diritto al rispetto di tutti i diritti umani. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, la Convenzione Europea sui Diritti Umani e altri trattati internazionali coprono un’ampia gamma di diritti. Li analizzeremo secondo la loro evoluzione e riconoscimento regionale o da parte della comunità internazionale. Il modo più affermato di classificare questi diritti è suddividerli in “diritti di prima, seconda e terza generazione”, quindi per il momento seguiremo questa classificazione che, come vedremo, ha un uso limitato e a volte può dare luogo a fraintendimenti. Queste categorie, dopo tutto, non sono così evidenti. costituiscono semplicemente un modo – fra molti- di classificare i diversi diritti. La maggior parte dei diritti sono classificati in più di una categoria. Il diritto di esprimere la propria opinione, per esempio, è un diritto sia civile sia politico. E’ essenziale per la partecipazione della vita politica così come è fondamentale per la nostra libertà personale.

I diritti civili e politici (prima generazione di diritti)

Questi diritti iniziarono ad emergere come teoria durante il XVII e XVIII secolo ed erano basati per la maggior parte su interessi politici. Si iniziò a riconoscere che vi erano alcune cose che lo Stato assoluto non avrebbe potuto fare e si riconobbe anche che il popolo avrebbe dovuto avere una certa influenza sulle scelte politiche che lo riguardavano. Le due idee centrali erano
quelle di libertà personale e di protezione dell’individuo contro violazioni effettuate dallo Stato. I diritti civili e politici oggi sono elencati in dettaglio nel Patto Internazionale dei Diritti Civili e
Politici(PIDCIP) e nella Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali(CEDU) ed includono diritti come il diritto a partecipare al Governo e la proibizione della tortura.
Questi diritti sono stati tradizionalmente considerati dai più - almeno in “Occidente” - come i diritti umani più importanti. Vedremo nella prossima sezione che questo è un punto di vista non corretto.

Diritti Umani soggetti agli abusi politici

Durante la guerra fredda, i paesi del blocco sovietico furono severamente criticati per il loro mancato rispetto dei diritti civili e politici. Questi paesi risposero criticando le democrazie occidentali, una alla volta, per aver ignorato i diritti economici e sociali fondamentali, che vedremo successivamente. Vi era almeno un elemento di verità in entrambe le critiche. E’ anche una dimostrazione di come i diritti umani siano soggetti agli abusi politici.

La realtà sconvolgente è che gli Stati e la comunità internazionale nel suo insieme continuano a tollerare troppo spesso le violazioni dei diritti economici, sociali e culturali. Violazioni che, se si verificassero in relazione a diritti civili e politici, provocherebbero espressioni di orrore e indignazione e porterebbero a immediate richieste di azioni riparatorie.
Dichiarazione alla Conferenza di Vienna dalla Commissione ONU sui diritti Economici, Sociali e Culturali, 1993

I diritti sociali, economici e culturali
(seconda generazione di diritti)

Prima si mangi e poi si pensi alla morale.
Bertold Brecht

Questi diritti riguardano il modo in cui le persone vivono e lavorano insieme e i loro bisogni fondamentali. Essi sono fondati sull’idea di uguaglianza e sull’accesso garantito ai beni essenziali, ai servizi e alle opportunità di carattere sociale ed economico. Divennero sempre più materia di riconoscimento internazionale con gli effetti della prima industrializzazione e la crescita della classe operaia e condussero a nuove istanze e nuove idee sul significato di una vita dignitosa. Le persone compresero che la dignità umana richiedeva più della semplice mancanza di interferenza proposta dai diritti civili e politici.
I diritti sociali, economici e culturali sono sottolineati nel Patto Internazionale dei Diritti Economici, sociali e culturali (PIDESC) ed anche nella Carta Sociale Europea del Consiglio d’Europa.

I diritti sociali, economici e culturali si basano sulle idee di uguaglianza e sull’accesso garantito a beni, servizi e opportunità sociali
ed economici essenziali

  • I diritti sociali sono quelli che sono necessari per una piena partecipazione alla vita della società. Essi includono almeno il diritto all’educazione e il diritto di creare e mantenere una famiglia, ma anche molti dei diritti spesso considerati diritti “civili”, per esempio: il diritto alle attività ricreative, all’assistenza medica e alla privacy e la libertà dalla discriminazione.
  • I diritti economici normalmente comprendono il diritto al lavoro, ad adeguati standard di vita, all’abitazione e al diritto delle persone anziane o con disabilità ad una pensione. I diritti economici riflettono il fatto che un livello minimo di sicurezza materiale è necessario per la dignità umana, ed anche il fatto che, per esempio, una mancanza di impiego adeguato o un alloggio precario possono avere delle conseguenze psicologiche.
  • I diritti culturali sono riferiti al “modo di vivere” culturale di una comunità e sono spesso oggetto di minor attenzione rispetto ad altri tipi di diritti. Comprendono il diritto a partecipare liberamente alla vita culturale della comunità e, possibilmente, anche il diritto all’educazione. Comunque, molti altri diritti, non ufficialmente classificati come “culturali” sono determinanti affinché le minoranze possano conservare la loro cultura distintiva all’interno della società: per esempio, il diritto alla non-discriminazione e ad un’eguale tutela da parte della legge.

I diritti collettivi (terza generazione di diritti)

La lista dei diritti umani riconosciuti internazionalmente non è rimasta costante. Sebbene nessuno dei diritti elencati nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani sia stato messo in dubbio nei circa 60 anni della sua esistenza, nuovi trattati e documenti hanno chiarito e ulteriormente sviluppato alcuni concetti fondamentali che erano già presenti nel documento originale.

Diritto allo sviluppo, diritto alla pace, diritto ad un ambiente sano, all’assistenza umanitaria.

Queste aggiunte sono state il risultato di numerosi fattori: in parte sono avvenute in risposta al cambiamento di idee sulla dignità umana, in parte come risultato di nuove minacce e opportunità emergenti. Nello specifico, la nuova categoria di diritti, proposta come terza generazione di diritti, è la conseguenza di una migliore comprensione degli ostacoli che possono incontrarsi nelle fasi di attuazione dei diritti di prima e seconda generazione.
L’idea alla base della terza generazione di diritti è quella della solidarietà; e i diritti abbracciano i diritti collettivi di società o popoli - come il diritto allo sviluppo sostenibile, alla pace o ad un
ambiente sano. In gran parte del mondo, condizioni quali l’estrema povertà, la guerra, i disastri ecologici e naturali hanno evidenziato che ci sono stati progressi molto limitati nel rispetto dei diritti umani. Per questa ragione, in molti hanno convenuto che fosse necessaria una nuova categoria di diritti umani: questi diritti assicurerebbero condizioni adeguate alle società, particolarmente nei paesi in via di sviluppo, per essere in grado di garantire i diritti di prima e seconda generazione che sono stati già riconosciuti.
I diritti specifici che sono per lo più comunemente inclusi all’interno della categoria della terza generazione di diritti sono i diritti allo sviluppo, alla pace, ad un ambiente sano, alla condivisione nel fruire del comune patrimonio dell’umanità, alla comunicazione e all’assistenza umanitaria.

C’è stato, comunque, un dibattito su questa nuova categoria di diritti. Alcuni esperti contestano l’idea di questi diritti perché sono ‘diritti collettivi’, nel senso che sono posseduti da comunità e persino da interi Stati. Sostengono che i diritti umani possono essere posseduti solo da individui. La discussione è più che meramente letterale, perché alcuni temono che un tale cambiamento nella terminologia fornirebbe una “giustificazione” ad alcuni regimi repressivi per negare diritti umani (individuali) nel nome di questi diritti umani collettivi; per esempio, limitando in diversi modi i diritti civili al fine di assicurare lo “sviluppo economico”.
C’è un’altra preoccupazione che talvolta è espressa: da quando si è detto che non è lo Stato ma la comunità internazionale che ha il compito di salvaguardare la terza generazione di diritti, è impossibile garantire chi sia ad assumersene la responsabilità. Chi o che cosa si può supporre sia responsabile di assicurare la pace nel Caucaso o nel Medio Oriente, o che la foresta amazzonica non sia distrutta o che siano intraprese le misure appropriate contro il cambiamento climatico?

Ciò nonostante, comunque decidiamo di chiamarli, c’è un consenso generale sul fatto che queste aree richiedano ulteriore attenzione e studio da parte della comunità internazionale. Alcuni diritti collettivi sono stati già riconosciuti, in particolare nella Carta Africana sui Diritti degli Uomini e dei Popoli e nella Dichiarazione sui Diritti delle Persone Indigene. La stessa Dichiarazione Universale include il diritto all’autodeterminazione e un diritto umano allo sviluppo fu codificato in una Dichiarazione del 1986 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Il diritto allo sviluppo è un diritto umano inalienabile in virtù del quale ogni essere umano e tutti i popoli hanno il diritto di partecipare, contribuire e godere dello sviluppo economico, sociale, culturale e politico, in cui tutti i diritti umani e le libertà fondamentali possano essere pienamente realizzati. Articolo 1, Dichiarazione ONU sul Diritto allo Sviluppo.

Alcuni diritti sono più importanti di altri?

I diversi tipi di diritti sono più interconnessi di quanto suggeriscano le loro etichette.

I diritti sociali ed economici con difficoltà sono stati accettati a pari livello dei diritti civili e politici, sia per ragioni politiche che ideologiche. Sebbene appaia evidente al cittadino comune che argomenti quali un livello minimo di standard di vita, il diritto all’abitazione e a condizioni ragionevoli di lavoro sono tutti essenziali alla dignità umana, i politici non sono sempre stati pronti a riconoscerli. Una ragione è indubbiamente data dal fatto che assicurare i diritti basilari sociali ed economici per tutti in ogni parte del mondo richiederebbe una massiccia redistribuzione delle risorse.
I politici sono ben consapevoli che questo non è il tipo di politica che fa guadagnare voti.
Di conseguenza, tali politici suggeriscono che la seconda generazione di diritti sia diversa dalla prima generazione di diritti civili e politici.
La prima tesi che spesso viene avanzata è che i diritti sociali ed economici non sono realizzabili o realistici, almeno nel breve periodo, e che dovremmo raggiungerli soltanto gradualmente. Questo è l’approccio che è stato adottato dal Patto Internazionale dei Diritti Economici, Sociali e Culturali: i Governi hanno bisogno soltanto di mostrare che stanno adottando misure per il raggiungimento di questi obiettivi in futuro.
La tesi, comunque, è ancora oggetto di dibattito e appare fondata più su considerazioni politiche che altro. Molti studi indipendenti mostrano che ci sono sufficienti risorse nel mondo, e sufficienti competenze, tali da assicurare che i bisogni fondamentali di ognuno possano essere soddisfatti, se fosse fatto uno sforzo concreto.
Una seconda tesi è che esiste una differenza teorica fondamentale tra i diritti della prima e della seconda generazione: il primo tipo di diritti richiede soltanto che i Governi si astengano da certe attività (questi sono i cosiddetti diritti “negativi”); mentre il secondo tipo richiede un intervento positivo da parte dei Governi (questi sono i diritti “positivi”). Nel dibattito viene affermato che non è realistico aspettarsi che i Governi attuino misure positive, ad esempio fornire cibo per tutti, e che di conseguenza non sono obbligati a farlo. Se non esiste un obbligo per una qualunque delle parti in causa il diritto in oggetto non ha alcun significato reale.
Tuttavia, se si segue questo ragionamento, vi sono due basilari fraintendimenti.

Innanzitutto, i diritti civili e politici non hanno un significato puramente negativo. Perché un Governo garantisca la libertà dalla tortura, ad esempio, non è sufficiente che i funzionari di Governo si astengano dal torturare le persone! La libertà genuina in questo ambito richiederebbe un complicato sistema di verifiche e controlli da porre in atto: sistemi di polizia, procedure legali, libertà di informazione e accesso ai luoghi di detenzione - e molto di più. Lo stesso vale per l’assicurare il diritto al voto e per tutti gli altri diritti civili e politici. In altre parole, questi diritti richiedono azioni positive da parte del Governo in aggiunta all’astensione da azioni negative.

In secondo luogo, i diritti sociali ed economici, proprio come i diritti civili e politici, richiedono anche che i Governi si astengano da certe attività: per esempio, dall’introdurre ampi sgravi fiscali alle società commerciali, o incoraggiare lo sviluppo nelle regioni che possiedono già un vantaggio relativo, o imporre tariffe commerciali che penalizzano paesi in via di sviluppo - e così via.

Domanda:Quali azioni positive deve adottare un Governo per assicurare giuste e libere elezioni?

I diritti all’autodeterminazione e allo svluppo sono sia diritti individuali che collettivi.
Chidi Anselm Odinkal

In effetti, i diversi tipi di diritti sono strettamente connessi tra loro molto più di quanto suggeriscano le rispettive “etichette”. I diritti economici si mescolano ai diritti politici; i diritti civili sono spesso indistinguibili dai diritti sociali. Le etichette possono essere utili per fornire uno schema di riferimento, ma possono essere anche molto fuorvianti. Molti diritti possono ricadere in tutte queste categorie e i diritti di una categoria possono dipendere nella loro realizzazione dalla soddisfazione dei diritti in un’altra categoria.
E’ quindi calzante richiamare alla memoria la definizione presente nella Dichiarazione di Vienna del 1993 e il Programma di Azione, in cui nel paragrafo 5 viene riconosciuto che:

Tutti i diritti umani sono universali, indivisibili e interdipendenti. La comunità internazionale deve trattare i diritti umani globalmente in una maniera giusta ed equa, sullo stesso piano, e con la stessa enfasi.

Altre opinioni per i diritti “centrali” e gli “altri” diritti

L’“approccio generazionale” non è l’unico sforzo che è stato fatto per distinguere fra i diritti alla luce della proliferazione dei diritti. Alcuni diritti possono essere derogati in tempi di emergenza pubblica; altri non possono esserlo. Alcuni diritti sono riconosciuti come “ius cogens” o norme che sono state accettate dalla comunità internazionale come assolute per cui non è permessa la deroga: esempi includono la proibizione di genocidi, della schiavitù e della discriminazione razziale sistematica. Alcuni diritti sono ‘assoluti’, nel senso che non possono essere oggetto di deroga o limitazioni nella loro manifestazione, come, ad esempio, il divieto di tortura. Gli obblighi minimi di base sono stati individuati in relazione a determinati diritti economici e sociali, ad esempio il provvedere all’assistenza sanitaria di base, un riparo di base e l’istruzione. Altri possono suggerire che i diritti collettivi siano gli obblighi minimi di base, in quanto stabiliscono un quadro di protezione in cui possono essere realizzati i diritti individuali. Non esiste un chiaro consenso o una singola teoria su ciò, ma la maggior parte degli osservatori propendono per rafforzare l’importanza di enfatizzare l’universalità, l’indivisibilità e l’interdipendenza dei diritti.
A prescindere dalla domanda sulla proliferazione, tuttavia, la scienza talvolta scatena la necessità di un’applicazione delle norme dei diritti umani a nuove sfide, come verrà presentato di seguito.

Il progresso della scienza

Ognuno ha il diritto (...) di condividere il progresso scientifico e i suoi benefici
Articolo 27, UDHR

Convenzione di Oviedo del Consiglio d’Europa

Un altro ambito in cui sono stati riconosciuti nuovi diritti è la scienza medica. Le nuove scoperte scientifiche hanno dato il via a un numero di domande relative all’etica e ai diritti umani, in particolare, nel campo dell’ingegneria genetica e in materia di trapianto di organi e tessuti. Come risultato dei progressi tecnici in ognuno di questi campi si sono dovute formulare domande sulla reale natura della vita. Il Consiglio d’Europa ha risposto ad alcune di queste sfide con un nuovo trattato internazionale: la Convenzione per la Protezione dei Diritti Umani e della Dignità dell’Essere Umano del 1999 con riferimento all’applicazione della biologia e della medicina (da qui in avanti indicata come Convenzione di Oviedo). Questa convenzione è stata sottoscritta da 30 Stati Membri del Consiglio d’Europa e ratificata da 10. Definisce le linee guida per alcune delle problematiche esposte nella sezione precedente.

Sintesi degli articoli più rilevanti:

  • Qualsiasi forma di discriminazione verso una persona in ragione del proprio patrimonio genetico è proibita.
  • Test genetici predittivi possono essere effettuati solo per scopi legati alla salute, e non possono essere fatti, ad esempio, per determinare le caratteristiche fisiche che il bambino/a svilupperà in una vita futura.
  • Interventi con lo scopo di modificare il genoma umano potrebbero essere fatti solo per scopi preventivi, diagnostici o terapeutici.
  • La procreazione medica assistita non è permessa quando è effettuata per determinare il sesso del nascituro.
  • La rimozione di organi o tessuti da un persona vivente per fini di trapianto può essere effettuata unicamente per il beneficio terapeutico del ricevente. (Articolo 21 – Proibizioni di guadagni finanziari. )

Qualsiasi intervento che cerchi di creare un
essere umano geneticamente identico ad un altro, sia vivo che morto, è proibito.-
Protocollo addizionale alla Convenzione per la Protezione dei Diritti Umani e della Dignità dell’uomo Parigi 1998

L’ingegneria genetica è un metodo per cambiare le caratteristiche ereditate da un organismo in una maniera predeterminata attraverso l’alterazione del suo patrimonio genetico. Il progresso in quest’area ha portato ad un intenso dibattito su diverse domande etiche e riguardanti i diritti umani; per esempio, se l’alterazione delle cellule germinali possa essere permessa quando i risultati in un cambiamento genetico sono permanenti per l’intero organismo e per le generazioni future; o se la riproduzione di un organismo clone da un gene individuale possa essere permesso nel caso di un essere umano dal momento che viene permesso per i topi e per le pecore.

Domanda: Dovrebbero esserci dei limiti su ciò che gli scienziati possono fare nella ricerca?

Il progresso della tecnologia biomedica ha anche condotto alla possibilità di trapiantare organi o tessuti adulti e fetali da un corpo all’altro. Come l’ingegneria genetica, questo offre un forte
potenziale per migliorare la qualità di vita di alcune persone e anche per salvare vite – ma occorre considerare alcuni punti problematici che sono emersi da queste scoperte:

  • Se una vita può essere salvata o migliorata usando un organo prelevato da un corpo morto, il tentativo dovrebbe essere sempre effettuato? O anche i corpi senza vita meritano rispetto?
  • Come possiamo essere certi che tutti coloro che ne abbiano bisogno hanno un’uguale possibilità di ricevere un trapianto, se esiste una scorta limitata di organi?
  • Dovrebbero esserci delle leggi riguardanti la conservazione di organi e tessuti?
  • Esiste un approccio giusto agli alimenti geneticamente modificati (OGM)? Se sì, qual è?