Indietro Giù le mani dai giornalisti!

Diversi giornali, 02/05/2014

UNESCO World Press Freedom Day LogoEssere giornalista oggi richiede grande coraggio. Negli ultimi dodici mesi, centinaia di giornalisti, fotografi e cineoperatori nel mondo sono stati uccisi, feriti, sequestrati, minacciati o querelati. L'Europa non fa eccezione: tendenze preoccupanti erodono la libertà di stampa anche qui. Dobbiamo cambiare rotta.

Una stampa libera è un fattore essenziale di una sana democrazia perché dà un forte contributo alla protezione di tutti gli altri diritti umani. Casi di tortura, discriminazione, corruzione o abuso di potere sono spesso svelati grazie al coraggioso lavoro dei giornalisti. Raccontare la verità è spesso il primo passo per rimediare alle violazioni dei diritti umani e far sì che i governi rendano conto delle loro azioni.

La libertà di stampa è un diritto umano sancito in leggi nazionali e internazionali, in particolare la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che protegge anche l'integrità fisica dei giornalisti. Eppure, l'Europa non è luogo sicuro per la stampa.

Tra le minacce più diffuse c'è la violenza della polizia ai giornalisti che coprono le manifestazioni. Ho sollevato la questione con il governo turco sùbito dopo gli eventi di Gezi in cui la polizia ha fatto uso eccessivo della forza contro manifestanti e giornalisti, alcuni dei quali sono stati feriti o hanno subito il danneggiamento delle loro attrezzature. Il giornalista Ahmet Şık, che compare in due processi separati per le opinioni espresse, è stato ferito con candelotti lacrimogeni sparati da distanza ravvicinata a due riprese, il che fa sospettare che sia stato preso di mira.

In Ucraina, con l'acuirsi delle tensioni durante le manifestazioni di febbraio, oltre cento giornalisti sono stati aggrediti, anche con granate assordanti e proiettili di gomma. Mentre ero lì, ho ascoltato storie di grave violenza fisica sui giornalisti, cui si è anche sparato agli occhi o alle gambe.

Anche in Bosnia alcuni giornalisti e operatori televisivi che coprivano le manifestazioni contro la corruzione e l'austerità sono stati vittime della violenza della polizia, come Branislav Pavicic, picchiato da un poliziotto durante delle riprese a Tuzla.

Il controllo delle manifestazioni da parte della polizia ha interferito con la libertà di stampa anche in Spagna, dove a marzo un gruppo di giornalisti e fotografi è stato picchiato dalla polizia nonostante si fossero identificati come membri della stampa.

I giornalisti sono il bersaglio anche di attori non statali. Come riferitomi da Ossigeno per l'Informazione, un osservatorio che svolge un prezioso lavoro di sensibilizzazione sulla libertà di stampa in Italia, oltre 1,800 giornalisti nella Penisola sono stati vittime di un qualche tipo di violenza, tra cui incendio doloso e minacce, dal 2006. Nei primi tre mesi del 2014, più di 150 casi sono stati segnalati, ben sopra alla media degli anni precedenti.

L'insicurezza e l'impunità per i crimini contro i giornalisti sono un problema grave anche in Montenegro, come ho notato durante la mia visita a marzo. Mentre diversi casi del passato sono ancora irrisolti, compreso l'omicidio di Duško Jovanović, capo redattore e proprietario del quotidiano Dan, nuovi casi si aggiungono. Tra le vittime più recenti c'è Lidija Nikčević, un'altra giornalista di Dan, brutalmente picchiata da aggressori mascherati armati di una mazza da baseball.

In Bulgaria a inizio aprile dei giornalisti hanno organizzato una manifestazione di solidarietà per Genka Shikerova, la giornalista della bTV, dopo che la sua auto aziendale è stato incendiata davanti casa. La sua auto personale aveva subito la stessa sorte lo scorso settembre.

A febbraio, Vyacheslav Veremyi, giornalista del quotidiano ucraino Vesti, è stato ucciso con un colpo d'arma al petto da ignoti durante le manifestazioni.

Le strade però non sono l'unico campo di battaglia: a loro si aggiungono i tribunali. Nella maggior parte dei paesi europei, diffamazione o calunnia sono ancora dei reati, un fatto difficilmente conciliabile con le norme internazionali. Leggi sul segreto di Stato o sul terrorismo sono anche spesso invocate per imbavagliare i giornalisti.

In Azerbaijan, dove le citazioni in giudizio sono moneta corrente per i giornalisti critici nei confronti delle autorità, nove di loro sono in carcere per le opinioni espresse. Molti di più sono dietro le sbarre in Turchia, due in Russia, mentre nella "ex Repubblica jugoslava di Macedonia" la detenzione di Tomsilav Kezarovski, del giornale Nova Makedonija, ha più di altri casi evidenziato il grado d'interferenza politica con la libertà di stampa.

Cause intentate contro i giornalisti sono pratica corrente anche in Italia, dove la legge sulla diffamazione è ancora quella introdotta dal regime fascista. È in base a questa legge, adesso in fase di revisione al Senato, che ancora oggi molti giornalisti sono querelati e talvolta condannati a pene detentive, come Francesco Gangemi, giornalista di 79 anni, condannato lo scorso in ottobre a due anni di carcere per diffamazione e falsa testimonianza.

In Slovenia, un altro paese in cui la diffamazione è reato, la Procura ha incriminato ad aprile Anuška Delić, giornalista di Delo, per la pubblicazione nel 2011 di materiale considerato secretato, durante una ricerca sulla crescita di gruppi estremisti nel Paese e sul coinvolgimento di membri dell'esercito e della polizia con attività di questi gruppi. Rischia fino a tre anni di carcere.

Anche il codice penale greco consente l'arresto di giornalisti in caso di diffamazione. Benché delle direttive richiedano che la polizia informi il pubblico ministero prima di arrestare un giornalista per diffamazione, la realtà mostra che ciò spesso non avviene. Di recente, a seguito di una causa intentata da una deputata contro dei giornalisti che avevano criticato le sue dichiarazioni, la polizia è andata a cercarli nelle redazioni senza il previo consenso del pubblico ministero. Soltanto una giornalista di Eleftheros Typos è stata trovata. Ha passato una notte in commissariato, prima di essere liberata da un giudice il giorno seguente.

Un altro paese dell'UE in cui leggi inadeguate minacciano la libertà di stampa è la Croazia. Secondo il nuovo codice penale, chiunque, compreso un giornalista, può essere condannato per aver causato dell'umiliazione, anche se ciò che riporta è vero. È il caso di Slavica Lukić, giornalista di Jutarnji list, condannata in primo grado a pagare 4,000 euro per aver svelato un caso di malversazione.

Tali multe, spesso sproporzionate, costituiscono un'altra diffusa minaccia alla libertà di stampa. Indennizzi eccessivi aggiudicati in sentenze civili hanno messo alcune testate e giornalisti in vari Paesi europei sotto forte pressione, minacciandone a volte la sopravvivenza economica.

Infine, le zone di conflitto rimangono luoghi pericolosi per i giornalisti. Il caso della Crimea è indicativo: membri della stampa sono stati rapiti, minacciati, impediti d'accesso e derubati del loro materiale da persone armate. Le tensioni tra Russia e Ucraina hanno prodotto ripercussioni sui media in entrambi i paesi. Pressioni sui giornalisti indipendenti in Russia sono aumentate, mentre l'Ucraina ha impedito ad alcuni giornalisti russi di entrare nel paese, innescando così nuove tensioni dopo la sua decisione di bloccare un certo numero di emittenti televisive russe. Nell'est dell'Ucraina, dei giornalisti sono stati recentemente minacciati e aggrediti da assalitori mascherati e armati.

Potrei aggiungere molti altri esempi che dimostrano quanto la libertà di stampa in Europa si stia deteriorando. Se i Paesi europei vogliono rispettare l'obbligo di garantire la libertà di stampa e la sicurezza dei giornalisti, un'urgente inversione di rotta è necessaria.

Un primo passo è liberare tutti i giornalisti incarcerati a causa delle opinioni espresse e pulire la loro fedina penale se sono stati condannati per ciò che hanno riportato.

In secondo luogo, la legislazione deve cambiare. Per i casi di diffamazione e calunnia si devono applicare soltanto sanzioni civili proporzionate, perché il semplice rischio di finire in prigione o d'indennizzi sproporzionati induce la stampa all'autocensura.

È inoltre fondamentale sradicare l'impunità. Tutti i casi di violenza contro i giornalisti, compresi quelli che coinvolgono organi statali come la polizia, si devono investigare efficacemente. Specifiche istruzioni e formazioni mirate alla protezione dei giornalisti devono essere fornite alla polizia.

Infine, politici, leader d'opinione e personalità pubbliche devono sempre condannare la violenza contro i giornalisti e avere una soglia di tolleranza superiore verso le critiche e lo scrutinio pubblico astenendosi da reazioni violente o intimidatorie. Ciò è fondamentale per aiutare la stampa a operare liberamente.

È sconcertante che l'Europa del XXI secolo abbia ancora bisogno di tali raccomandazioni. Tuttavia, questa deplorevole situazione non deve indebolire la nostra determinazione a difendere la libertà di stampa. Difendendo i giornalisti e mantenendo una stampa libera rendiamo la democrazia più forte.

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