Necessaria una risposta decisa al terrorismo senza compromettere i diritti umani

Il terrorismo è una minaccia sempre più grande per la sicurezza mondiale. La maggior parte degli attentati più gravi commessi sul suolo europeo è stata perpetrata da persone che vivono, lavorano e hanno la propria famiglia in Europa.

La lotta contro il terrorismo è da molto tempo una priorità del Consiglio d’Europa, il quale ha adottato un approccio senza eguali basato su tre pilastri: potenziare il quadro giuridico internazionale, affrontare le cause del terrorismo e proteggere i valori fondamentali. In questa lotta, l’impegno del Consiglio d’Europa verso lo Stato di diritto e i diritti umani è essenziale.

Oggi, cento paesi, ovvero la metà degli Stati del mondo, contano tra i propri cittadini persone che si sono unite alle file dello Stato islamico in Iraq e in Siria. L’ONU stima a 25.000 il numero di combattenti stranieri, con un forte aumento delle partenze segnalate dai paesi europei (in particolare Francia, Regno Unito e Russia) e dall’Asia.

Di fronte a tale fenomeno, e nel quadro dell’attuazione in Europa della Risoluzione 2178 (2014), il Consiglio d’Europa ha potenziato il proprio arsenale giuridico attraverso un Protocollo aggiuntivo alla Convenzione per la prevenzione del terrorismo (2005).

Per la prima volta nel diritto internazionale, questo strumento considera reato penale la preparazione, allo stadio iniziale, di atti terroristici (reclutamento, addestramento e preparazione e finanziamento di viaggi a fini terroristici).

A maggio 2015, è stato inoltre presentato un piano d’azione triennale sulla lotta contro l’estremismo violento e la radicalizzazione, in particolar modo nelle scuole, nelle carceri e su Internet. In tale contesto, sono state adottate il 2 marzo dal Comitato dei Ministri delle linee guida volte ad aiutare gli Stati membri a prevenire la radicalizzazione dei detenuti e delle persone in libertà condizionale e a garantire il reinserimento degli individui già radicalizzati.