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(Fa fede il discorso pronunciato)
Allocuzione di Terry Davis, segretario generale del Consiglio d’Europa

“Il ruolo del Consiglio d’Europa nella costruzione di un’Europa democratica”

L’Europa dei Cittadini: l’architettura politica europea e l’influenza esercitata dai cittadini per modellarne il disegno

Varsavia, 14 maggio 2005

Eccellenze,
Signore e Signori,

L’attiva partecipazione della Polonia sulla scena europea non è iniziata con il suo ingresso nell’Unione europea, un anno fa. Al momento della sua adesione al Consiglio d’Europa, nel novembre 1991, la Polonia era già diventata membro della famiglia di stati che insieme si adoperano a favore dell’unità europea, sulla base dei principi del rispetto dei diritti dell’uomo, della democrazia e dello Stato di diritto.

Questa settimana, il cuore dell’Europa batte qui a Varsavia. Una città risorta dalle rovine della guerra; una città che sarà, per alcuni giorni, il simbolo dell’Europa dei cittadini.

L’importante numero di eventi organizzati dalla società civile che si svolgeranno parallelamente al Terzo Vertice dei Capi di stato e di governo dei 46 paesi membri del Consiglio d’Europa, e la vostra presenza qui oggi, confermano che l’Europa non è un ritrovo di politici, ma un’impresa che trae la sua energia creatrice dalla società civile. Partecipano a tali eventi cittadini di ogni età e di ogni ceto sociale, il che sta a indicare chiaramente che il progetto del Consiglio d’Europa per un’unione paneuropea riguarda essenzialmente le popolazioni e il loro impegno a costruire un futuro comune. Fin dalla sua creazione, nel 1949, il Consiglio d’Europa si è sempre adoperato per edificare questo futuro comune.

Fu l’anno seguente, il 9 maggio 1950, che Robert Schuman affermò: “L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme, secondo un unico piano. Essa sorgerà da realizzazioni concrete, creando anzitutto una solidarietà di fatto”.

Quali sono, quindi, le realizzazioni concrete del Consiglio d’Europa?

Prima di tutto, il Consiglio d’Europa è diventato il custode dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. È infatti nell’ambito del Consiglio d’Europa che esiste il meccanismo unico di protezione dei Diritti dell’Uomo, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, applicata attraverso la Corte europea dei diritti dell’uomo. Per molti europei, in realtà, il Consiglio d’Europa viene identificato con la Corte europea dei diritti dell’uomo e non rappresenta molto di più. Occorre invece rammentare che, malgrado l’immensa importanza della Corte, il mandato e l’impegno del Consiglio d’Europa nel corso dei suoi 56 anni di esistenza hanno dimostrato che è capace di produrre attività e realizzazioni molto più estese. Il Consiglio ha infatti acquisito, nel corso degli anni, una notevole esperienza in una vasta serie di campi, quali la protezione delle minoranze, la coesione sociale, la stabilità democratica e lo sviluppo di un’identità culturale, per non citarne che alcuni.

È stato il Consiglio d’Europa a definire e sviluppare la nozione di un’identità culturale europea, enunciata nella Convenzione culturale europea, di cui si celebra quest’anno il 50° anniversario.

Già nella metà degli anni ’80, convinto che l’unità nella diversità fosse la base del patrimonio europeo, il Consiglio d’Europa aveva affermato che la tradizione culturale comune di tutti i paesi europei conferiva loro il potenziale necessario per aderire al “club delle democrazie”. Ha teso la mano ai paesi dell’Europa centrale e orientale, invitandoli e aiutandoli a istituire dei sistemi politici atti a garantire il rispetto dei diritti dell’uomo e dello Stato di diritto. Non è certo un caso se il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha adottato, nel 1985, una Dichiarazione sull’identità culturale, in cui si trovano i presupposti per l’unità europea, basata su valori comuni. Pochi anni dopo, l’adesione alla Convenzione culturale europea è diventata il primo passo verso l’integrazione nelle strutture europee delle emergenti democrazie dell’Europa centrale e orientale.

Nel corso dei suoi 56 anni di esistenza, il Consiglio d’Europa ha sviluppato delle norme e delle politiche paneuropee in una quantità di settori, compresi quelli emergenti, quali la cibercriminalità, la bioetica e il voto elettronico; ha seguito ed assistito lo sviluppo democratico e il buon governo. E prosegue queste attività. Gli ultimi esempi del lavoro di pioniere del Consiglio d’Europa sono stati realizzati nel campo della protezione delle vittime della tratta degli esseri umani e dell’azione contro l’incitamento a commettere atti terroristici o contro il reclutamento e l’addestramento di terroristi. Le negoziazioni per la stesura di tali Convenzioni sono state complesse, dal momento che non è mai facile trovare il giusto equilibrio tra le legittime aspirazioni alla sicurezza e la protezione dei diritti umani. L’accettazione, da parte di tutti i 46 stati membri del Consiglio d’Europa, del testo di queste tre nuove Convenzioni indica nondimeno che è possibile ottenere tale equilibrio.

Non ho l’intenzione di cercare di presentarvi un quadro completo del Consiglio d’Europa. È infatti impossibile illustrarlo in un colpo d’occhio, e ogni tentativo in tal senso non renderebbe giustizia alle ambizioni del suo mandato e alla complessità delle sue strutture.

Altre organizzazioni e istituzioni sono naturalmente presenti sullo scenario europeo. Il Consiglio d’Europa, l’Unione europea e l’OSCE dispongono ciascuna di un ampio mandato; sono, come è naturale, desiderose di intervenire tempestivamente e di adattarsi alle evoluzioni del mondo moderno, e, di conseguenza, ricercano una continua estensione delle loro competenze. La forma che assumeranno le loro future relazioni è pertanto uno dei temi principali da affrontare nel corso del Vertice del Consiglio d’Europa.

A mio avviso, la molteplicità dei forum di dialogo politico e di cooperazione a livello europeo non è, di per sé, un problema. Il Consiglio d’Europa condivide con l’Unione europea i simboli europei e i valori della democrazia, dei diritti umani e dello Stato di diritto. In realtà, i criteri di Copenaghen per l’adesione all’UE sono basati sulle norme fissate dal Consiglio d’Europa in questi campi.

Per quanto riguarda l’OSCE, l’Organizzazione è attiva, come il Consiglio d’Europa, nei settori riguardanti, per esempio, le elezioni democratiche e la lotta alla tratta di esseri umani, ed entrambe stanno intensificando la loro cooperazione.

A parte le comprensibili differenze relative al numero di paesi aderenti, ai metodi di lavoro e agli strumenti utilizzati, la varietà di organizzazioni e di istituzioni europee favorisce il pluralismo di idee e di impostazioni.

Tuttavia, sono ben lungi dal sostenere l’approccio “che migliaia di fiori sboccino”, non solo per la sua connotazione dogmatica, ma anche perché esistono limiti molti evidenti alle risorse che le nostre società possono consacrare all’infrastruttura politica europea. Nel contempo, credo fermamente che l’architettura europea non possa essere efficace se risulta monolitica, dato che i problemi complessi della nostra epoca richiedono grande flessibilità e una varietà di basi di cooperazione.

Sono però ugualmente convinto che l’architettura politica europea non dovrebbe essere quella della torre d’avorio riservata a un’élite politica. Non dovrebbe d’altronde essere nemmeno una fortezza per un ristretto numero di eletti, bensì un forum aperto a tutti i protagonisti, i governi, i rappresentanti eletti, come pure la società civile.

Il Consiglio d’Europa è stato fedele a tale principio: è uno spazio di scambi per un dialogo politico a disposizione dei governi, dei parlamentari nazionali, degli amministratori eletti locali e regionali, a cui vanno aggiunti i rappresentanti della società civile. Nel corso dei decenni, il Consiglio d’Europa ha consolidato la sua dimensione parlamentare e rafforzato il suo impegno a favore della democrazia locale. Ha altresì intensificato le sue relazioni con le ONG, conscio del fatto che le organizzazioni della società civile sono un elemento indispensabile del tessuto sociale delle società democratiche, e costituiscono una garanzia per una cultura democratica vibrante di vita e di attività.

Sono circa 400 le organizzazioni internazionali non governative che hanno ottenuto lo statuto partecipativo presso il Consiglio d’Europa. Tale statuto, unico presso le organizzazioni internazionali, significa molto di più di una semplice etichetta, o classifica. Costituisce la base per un’autentica partnership. Vuol dire realmente che le ONG sono diventate dei partner indispensabili in molte attività del Consiglio d’Europa. Il fatto che la presidente del Comitato di relazione delle ONG, come pure il presidente del Forum europeo della gioventù - una piattaforma paneuropea che riunisce le ONG della gioventù -, prenderanno per la prima volta la parola nel corso del Vertice del Consiglio d’Europa è un’eloquente illustrazione del crescente impegno della nostra Organizzazione accanto alla società civile.

L’Europa richiede un’architettura in grado non solo di aiutare a superare le divisioni che persistono sul nostro continente, ma anche di permettere all’Europa di impegnarsi in un dialogo politico con altre regioni del mondo, di allacciare più stretti legami di fiducia con i suoi vicini e di posizionarsi chiaramente come continente impegnato a costruire un futuro pacifico e sostenibile per un mondo che sarà sempre più interdipendente.

Mi preme sottolineare che, se pongo l’accento sull’importanza del partenariato, non è perché sono un idealista. È invece proprio perché sono un realista, e vedo il mondo come è realmente. È un dato di fatto che oggi le organizzazioni e le istituzioni internazionali agiscono nel quadro di una fitta e complessa rete di relazioni e di partnership con innumerevoli organi locali, nazionali e internazionali, creati dalle autorità pubbliche e dalla società civile. Ne deriva che i partenariati sono una caratteristica fondamentale dell’architettura europea e mondiale, e che il Consiglio d’Europa non potrebbe perseguire la propria missione senza questi suoi numerosi partner.

Così come la cultura è stata alla base dell’apertura del Consiglio d’Europa ai paesi dell’Europa centrorientale negli anni ’80, credo che il partenariato acquisirà un’importanza ancora più evidente in futuro, con lo sviluppo del dialogo interculturale e interreligioso con i nostri vicini in Africa e nel Medio Oriente. Per definizione, il dialogo comporta una partnership. Altrimenti, non sarebbe un dialogo, bensì un monologo. Ed è finita l’epoca in cui le popolazioni dell’Africa e del Medio Oriente erano disposte ad ascoltare un monologo da parte dell’Europa.

Il successo di tale dialogo tra l’Europa e regioni e continenti diversi richiederà inoltre la conclusione di partnership attive con altre organizzazioni mondiali e regionali, quali l’UNESCO, l’ ISESCO (Organizzazione islamica per l’educazione, le scienze e la cultura) o l’ALECSO (Organizzazione per l’educazione, la cultura e la scienza della Lega araba).

Altri progetti di cui va giustamente orgoglioso il Consiglio d’Europa, quali l’Anno europeo della cittadinanza attraverso l’educazione, o la prossima campagna della gioventù sulla diversità e la partecipazione, ispirata alla campagna del 1995 “Tutti diversi - tutti uguali”, indirizzata a contrastare i fenomeni del razzismo, della xenofobia, dell’antisemitismo e dell’islamofobia e ogni altra forma di intolleranza, richiederanno anch’essi la conclusione di partenariati con organizzazioni internazionali omologhe e con la società civile. Lo stesso vale per il Forum che proponiamo di organizzare sul futuro della democrazia, che, ci auguriamo, potrà diventare uno spazio internazionale di scambi di esperienze e un mezzo per ammodernare le pratiche democratiche ed estendere e radicare la democrazia in tutti i nostri stati membri.

Nel corso degli ultimi 15 anni, il Consiglio d’Europa ha continuato a dimostrare la propria capacità ad affrontare le sfide legate a un contesto geopolitico in rapido mutamento e a trovare risposte tempestive ed efficaci. Le trasformazioni democratiche dell’Europa centrale e orientale non hanno avuto come unico risultato l’aumento spettacolare dei membri del Consiglio d’Europa, che sono passati da 21 a 46 nel giro di soli quindici anni, ma hanno inoltre aiutato il Consiglio d’Europa a evolvere dalla sua funzione di organizzazione europea con azione normativa, custode di un ambito paneuropeo giuridico e dei diritti dell’uomo costituito da circa 200 trattati internazionali, per trasformarsi in un’organizzazione in grado di promuovere lo sviluppo e i cambiamenti, grazie all’interazione diretta con istituzioni e organizzazioni presenti nei suoi stati membri e con altre istituzioni e organizzazioni attive in Europa.

Trasmettere l’eredità umanistica dell’Europa e i valori condivisi a tutti i cittadini europei, e al di fuori dell’Europa, ricercare ed elaborare risposte comuni alle sfide del nuovo secolo, permettere a tutti i cittadini in Europa di vivere in condizioni di sicurezza, libertà e dignità, di uguaglianza e di mutuo rispetto: ecco il mandato che desidero vedere conferito dal Vertice di Varsavia al Consiglio d’Europa per i prossimi anni. Se riceveremo tale mandato, non ho dubbi che riusciremo.